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UN MONDO DI ISTITUZIONI

OLTRE L'OVVIETÀ DEL QUOTIDIANO

Le istituzioni sono, per esempio, la scuola, il matrimonio e lo sport agonistico. Ognuna di queste realtà  ha regole proprie e modalità di funzionamento che se per noi sono conosciute e scontate,  non sono altrettanto ovvie per chi ci entra in contatto per la prima volta. Questa considerazione ci rende consapevoli di un fatto importante: la vita quotidiana che viviamo si snoda attraverso una molteplicità di regole e modelli tra loro coordinati, che ne guidano lo svolgimento fin nei minimi dettagli, e di cui prendiamo coscienza solo quando tentiamo di considerarli così come farebbe un estraneo che li osserva  per la prima volta. I sociologi chiamano istituzioni quei modelli regolatori generali che guidano il comportamento degli individui e gli conferiscono un significato possibile.

IL CONCETTO DI "ISTITUZIONE"

L'istituzione è un insieme di norme tra loro coordinate, radicate nell'esperienza quotidiana degli individui e da questi percepite come capaci di regolare un certo ambito di vita di azione in un determinato contesto storico e geografico. Per il sociologo sono istituzioni: il matrimonio, la famiglia, la religione, lo sport, il sistema scolastico e il sistema giudiziario. Ma anche in entità  più impalpabili come il linguaggio e la scienza.


LE ISTITUZIONI COME INSIEMI DI NORME SOCIALI

Ogni istituzione definisce un insieme di norme sociali, cioè di regole che prescrivono come le persone devono comportarsi in determinate situazioni della vita sociale.

Secondo la classificazione del sociologo William Sumner le norme sociali possono essere classificate in tre tipi principali:

  • Stateways o norme giuridiche:  cioè quelle norme emanate dallo stato il cui rispetto è obbligatorio per tutti i membri della società.
  •  Mores: ovvero quelle norme perlopiù tramandate oralmente, ma cui la collettività riconosce un forte spessore in termini di valore e di legittimità.
  • Folkways: cioè quelle usanze e consuetudini praticate all'interno di una società, anche esse tramandate oralmente, ma prive di un riferimento alla moralità che caratterizza i mores. 

Ogni istituzione presuppone un riferimento a ciascuno di questi tre tipi di norme.


LE ISTITUZIONI COME STRUMENTI DI CONTROLLO SOCIALE

Ogni istituzione non si limita a definire le regole a cui gli individui devono attenersi, ma mette anche in atto una serie di espedienti per indurre le persone a rispettarli; l'istituzione ne esercita un'opera di controllo sociale. 

Gli strumenti di questo controllo possono essere superiori o inferiori. Sono del primo tipo le sanzioni esplicitamente inflitte alle condotte non conformi.

Rientrano nel secondo tipo i meccanismi con cui si cerca di promuovere nelle persone l'interiorizzazione delle norme, ovvero riconoscimento della loro bontà ed l'efficacia e la conseguente scelta autonoma di farle proprie. 

L'intensità del controllo sociale può variare da istituzione a istituzione: è massima nelle cosiddette istituzioni totali, così chiamate da Erving Goffman.


Sotto questa denominazione egli comprende quei sistemi di norme che fanno capo a strutture sociali anche molto diverse tra loro, nelle quali persone tagliate fuori dalla società per un periodo di tempo si trovano a condividerle in una situazione comune. Queste istituzioni sono totali perché si impadroniscono interamente del tempo e delle diverse dimensioni esistenziali delle persone che vi risiedono, unificando in uno stesso luogo e sotto un'unica autorità tutte le attività quotidiane. 


LE ISTITUIZIONI COME RETE DI STATUS E RUOLI



All’interno dell’istituzione le persone occupano posizioni diverse e svolgono compiti differenti. A ognuno di queste posizioni sono associati compiti diversi, a cui corrispondono precise aspettative sociali. 

I sociologi chiamano status ciascuna di queste posizioni ricoperte da un individuo all’interno della società, e ruolo il complesso delle azioni che ci si aspetta da un individuo in virtù del suo status.

Poichè nella società le istituzioni sono molte, in relazione alla pluralità degli ambienti di vita, l’individuo è in rapporto con ciascuna di esse, ne consegue che ogni persona assume su di sè una pluralità di status. Alcuni vengono detti status ascritti: sono quelli legati a condizioni indipendenti dalla volontà e dall’impegno dell’individuo; altri vengono chiamati status acquisiti: sono quelli che si raggiungono studiando e maturando una specifica professionalità.
Spesso lo status è “correlativo”, nel senso che si definisce in rapporto a un’altra posizione sociale a esso complementare. Anche i ruoli che ne discendono sono complementari. 
Nella società ogni individuo si trova a interpretare molti ruoli, perchè detiene più status e perchè da ogni status discende una pluralità di compiti e di relative aspettative
La pluralità di ruoli che una persona si trova a interpretare può spesso esporla a situazioni di conflittualità. Si parla di conflitto inter-ruolo, cioè di conflitto tra due o più ruoli diversi spettanti alla stessa persona. 
Può anche capitare che una persona sia in difficoltà nell’interpretazione di un singolo ruolo, sia per l’ambiguità connessa al ruolo stesso, sia per il contrasto tra la sua sensibilità o personalità e gli obblighi istituzionali. In questo caso si parla di conflitto intra-ruolo, cioè all’interno al ruolo stesso. 




LA STORICITÀ DELLE ISTITUZIONI


Le norme che le istituzioni impongono alla condotta degli individui, seppur rigide, sono soggette a mutamento storico. 
Il mutamento delle istituzioni può prodursi in forme differenti.
con il crescere della complessità sociale, si verificano un aumento delle istituzioni esistenti e una crescente “specializzazione” di ognuna di esse. Oggi la famiglia in quanto “istituzione” ha registrato una “specializzazione” crescente, tanto che oggi si tende a sottolinearne prevalentemente la funzione creativa e procreativa
può accadere, però, anche il fenomeno opposto, cioè che il mutamento sociale investa un’istituzione di compiti che non aveva in precedenza, moltiplicandone le funzioni. 

Esiste una divisione tra funzioni manifeste e funzioni latenti in un’istituzione, introdotta dal sociologo statunitense Robert Merton. Le finalità sociali di un’istituzione non si sovrappongano esattamente agli scopi espressamente dichiarati della sua esistenza. 
Le trasformazioni di un’istituzione investono soprattutto i suoi aspetti latenti, e meno quelli manifesti, nel senso che, sotto un medesimo “guscio” esteriore, l’istituzione può adempiere a nuovi e insospettati compiti, o viceversa, nel senso che nel contesto sociale mutato svuota di significato le funzioni latenti che l’istituzione in precedenza svolgeva.




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